Ci porti a messa la domenica mattina?

In Approfondimenti, La Grande differenza
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“Ci porti a messa domenica mattina?”.
I miei anziani genitori mi fanno questa domanda tutte le volte che li vado a trovare.
E io sento un pezzetto della mia vita che si disintegra per sempre.
Felice di avere ancora la possibilità di averli e poterci parlare e potere alleviare un ultimo atto, disperato perché vedo un film mai visto prima e che appare non avere un bel finale.
I genitori sono esseri, di solito, importanti per i figli.
Esseri che sanno e possono, che danno permessi, carezze e sberle, morali e a volte fisiche.
Immagini che sappiano sempre come si deve fare, che conoscano la via e sappiano mettersi al sicuro dai tracolli.
Invece la vita si rovescia quando si è vecchi.
Devi chiedere.
Devi sempre chiedere per favore.
Devi sempre aspettare che qualcuno ti dia una mano.
Che qualcuno ti regali qualche manciata di attenzione.
Quando è in comodo, quando può, quando vuole.
Ti attacchi a quello che resta di una esistenza con i piedi nel passato e un presente che si sbriciola in una farina sempre uguale e senza futuro.
Quel “ci porti a messa domenica?” mi strattona insistentemente e mi suggerisce con una voce incerta, timorosa e roca che esistono modi sottili di dare significato alla parola “amore” ma anche meno drammatiche, come “interesse”, “cura”, “attenzione” che trovo spesso nelle mission aziendali.
Certo con i tuoi genitori è facile capire la disperazione di chi passa dall’avere in mano il volante della propria vita a dovere chiedere per favore passaggi anche se solo per conversare un po’ con Dio nella sua filiale qui prima di incontrarlo a casa sua.
E mi chiedo quante altre volte sono incapace di avvertire l’angoscia di chi con me lavora e sta vivendo i suoi di ultimi atti, di grandi e piccoli drammi e romanzi personali.
Di chi sente che di non avere più il potere di dirigere la propria esistenza e nuota in cerchio senza cime di salvataggio da afferrare.
Senza nessuno che li porti alla loro di messa della domenica e apra lo sportello dalla parte giusta così che qualche auto distratta di un mondo individualmente globalizzato non li investa.
Io non credo che basti un piccolo atto per salvare il mondo, anche se forse è meglio di niente.
Credo però che basti un piccolo atto per aiutare me stesso.
A farmi rimanere in contatto con la mia finitezza e permettermi di rimanere umano.
Che forse è quella cosa che dovrebbe stare dietro a quelle mission aziendali che se devi andare a messa e non puoi più guidare non se ne accorgono.
Ecco sì, rimanere umani mentre fai ciò che serve al gioco dell’economia mi pare un pareggio accettabile.
Non pensavo di arrivare a questo pensiero da una domanda così.

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